28 novembre 2009

“L’AQUILA ME”






Quando mio marito ed io andavamo all’Aquila, arrivati nella parte dell’autostrada,che permetteva di vedere dall’alto l’agglomerata di case che costituiva l’Aquila esclamava con affetto e soddisfazione.
“l’AQUILA ME”

Oggi dell’Aquila resta ben poco, solo una distesa di macerie indescrivibile.

Tutte attoniti e sgomenti restiamo senza parole.







Possiamo in tutti i casi parlare della gente Aquilana:pronta con dignità e fierezza a reagire ed a ricostruire quanto perduto.

Anch’io con tanta modestia voglio contribuire a ricordare con qualche loro vecchia ricetta.

Mio marito era Aquilano, e pur essendo sempre disponibile, amava il cibo della sua terra.

Aiutandomi con il libro di Luigi Marra, famoso pubblicista, delegato dalla Cucina Aquilana, presso l’Accademia Italiana della cucina, ho appreso tante tipiche ricette Aquilane, semplici ma squisite.

Feci conoscenza con le mortadelle di Amatrice un salame“soppressato” (come dicono gli aquilani), molto magro con
un lardello nel centro.
Le scamorze allo spiedo, le taccozze impastate con farina e solo
acqua, gli arrosticini, spiedini di carne di pecora arrostiti sulla brace, e con le famosissime “frenacce” , impastate con gli albumi per renderle più consistenti.

Speciale per i buongustai la famosa

Zuppa di cardi:

Brodo di tacchino (o di pollo)
Fegatini di tacchino (o di pollo)
1 cardo
200 gr.di carne macinata di vitello
100 gr, di parmigiano grattugiato
2 uova
Olio di oliva,
burro, salsa di pomodoro
crostini di pane fritti,
mezzo bicchiere di vino

Levare al cardo i filamenti e la pellicola bianca, tagliarlo in dadini e lessarlo.
Con la carne tritata, il parmigiano e l’uovo, fare delle palline,
grandi come ceci e friggerle.
Tagliare a dadini i fegatini,metterli sul fuoco, sfumarli con il vino, aggiungere la salsa di pomodoro i cardi e le polpettine facendole stufare un poco.
Versare il tutto nel brodo e far bollire lentamente.
Friggere i crostini passati nell’uovo sbattuto, versare sopra il brodo, aggiungendo parmigiano.
E’ un piatto classico Aquilano e va servito nel periodo natalizio.

Oppure le tradizionali

Taccozze con ricotta:

Le taccozze come ho detto prima, sono un tipo di pasta dura e spessa, impastata con sola acqua e farina, tagliata a listarelle di 1 cm. di larghezza e 4 cm. di lunghezza.

Per la pasta 600 gr. di farina

Per il condimento:
300 gr. di ricotta
100 gr. di guanciale di maiale rosolato tagliato a pezzetti
50 gr, di prezzemolo.
Quando cotte, condirle calde, aggiungendo se necessario un pò della loro acqua.

Ed ecco pollo ricco allo zafferano

1 pollo di circa 1 Kg.
0,500 di latte
2 cipolle piccole
1,5 gr. di zafferano
500 gr, di mollica di pane fresco
100 gr, di parmigiano grattugiato
Kg.1 di patate lesse
3 uova
30 gr, di pane grattugiato
200 gr, mozzarella tritata
Olio di oliva, burro, sale.

Bollire il pollo ed una volta lesso spezzarlo e sminuzzarlo.
Mettere in una teglia burro e pangrattato.
Lessare le patate e tagliarle a fettine sottili.
Poggiarle nel testo e mettere sopra il pollo.
Sciogliere lo zafferano in ½ bicchiere di latte.
Mettere la mollica a mollo nel latte,
e quando incomincia a disfarsi,
aggiungere la cipolla e due terzi del latte con lo zafferano,
condire con olio e poco sale.
Coprire con mozzarella tritata e le uova sode affettate.
Versarvi sopra il latte messo da parte con lo zafferano.
Mettere in forno caldo per circa 20 minuti.
Si può mangiare anche freddo.


Infine come non ricordare il loro dessert classico?

Ricotta allo zafferano:


600 gr. di ricotta di pecora
0.20 gr. di zafferano in fili
Zucchero,vino passito

Amalgamare bene la ricotta con lo zafferano,
aggiungere a piacere lo zucchero e qualche goccia di passito.








26 novembre 2009

sempre l'AQUILA ME

Vorrei riprendere brevemente l'argomento con qualche ricetta aquilana, le poche cose rimaste, che ancora ci sono…. Per il resto l'Aquila è il fantasma di quello che fu.
Forse,si ricostruiranno monumenti e chiese,
ma "l'Aquila me,"quella che si aggirava la mattina nelle grande piazza del Duomo, a parte le sue 99 chiese, le sue 99 piazze e le sue 99 cannelle, è inesistente







Ogni volta che la tv, parla dell'Aquila, cerco di focalizzare e inquadrare quei posti.
Le sue strade strette con archi in pietra che reggevano vissuti portoncini con i battenti di ferro, i balconi che guarnivano le case, sono solo nei miei ricordi.

Una vecchia amica di mia suocera, molto attraente e pseudo spiritosa
diceva che all'Aquila non si poteva andare in bicicletta, c'erano più salite che discese...
Non oso domandare se esistono ancora alcune strade per me particolari.
Come non ricordare v. Fortebraccio, praticamente la spina dorsale dell’ Aquila







o v. lepidi, un insieme di vecchie casette che si affacciavano su una strada piccola e tortuosa?







I miei amici aquilani, a ragione appartenenti all’Abruzzo “forte e
gentile”, si stringono le spalle e rispondono laconicamente.
Nelle strade si sente il “rumore” del silenzio.


“Consolazione”?…(si fa per dire): un bel piatto fumante di maccheroni alla chitarra, conditi con sugo di castrato.







Questa tipica ricetta abruzzese si prepara con la chitarra, un telaio rettangolare di legno nel quale sono inseriti tanti fili di ferro.
Dopo
aver impastato la farina con le uova, e la pasta sarà consistente ed omogenea, si lascerà riposare un poco coperta.
Fatta la sfoglia si stenderà, appoggiandola sulla chitarra e spingendo con il mattarello
avremo maccheroni perfettamente quadrati che una volta cotti, conditi con un buon sugo di castrato ed un bella spolverata di pecorino, saranno degni della loro reputazione.







Sugo di castrato.

Cosciotto di castrato, gr. 500 (circa),
sedano, carota, cipolla aglio e maggiorana.
Vino, olio, pomidori a pezzi.
Soffriggere gli odori, aggiungere la carne tagliata a pezzi.

Lasciar rosolare e bagnare con vino.
Quando il vino sarà evaporato, aggiungere i pomidori e lasciar cuocere per un paio di ore.

Appena pronto, condire velocemente i maccheroni, spolverare con
pecorino e buon appetito.







Altra intramontabile ricetta, è quella degli arrosticini:







E' un antico piatto dei pastori abruzzesi, preparato con carne di castrato condita tagliata a piccoli pezzi infilzati in uno spiedino ed arrostiti su fuoco di legna che da un profumo memorabile
(si può usare anche una piastra di ghisa molto calda.) naturalmente con risultati inferiori.


Per parlare di ricette, anche loro quasi scomparse anche per la necessità di una particolare ubicazione, vi voglio parlare di una ricetta di un gusto insuperabile da me mangiata.


La pecora a “lu cutturu”







Lu cutturu, un paiolo molto grande di rame annerito dal fuoco e dal tempo, è l’antica pentola dei pastori, appesa ad un sostegno e poggiato su un treppiede.
La pecora, tagliata in piccoli pezzi, viene adagiata su un letto di patate, sedano, ortaggi ed erbe aromatiche, lasciata cuocere minimo per 6 ore, diventa tenere e saporita.
Ogni commensale si serve direttamente dallu cutturu e naturalmente innaffia il tutto con vino locale, leggermente acidulo.

Anticamente durante il periodo della transumanza, i pastori eliminavano le bestie lente e poco produttive, cucinandole durante lo spostamento.

In seguito diventò il modo per festeggiare semplicemente un evento particolare.
Ricordo di essere rimasta sempre appagata.

Le “ferratelle” sono tipi di pizzelle che vengono cotte tra due piastre arroventa.







Sono dolcetti che non mancavano in varie occasioni: matrimoni, feste campestri o da offrire per fare una “gentilezza”.

Come tanti cibi abruzzesi, sono semplicissime: basta battere uova e zucchero, un pizzico di sale, poco olio di oliva e un pò di limone grattugiato ed aggiungere farina, fin quando l’impasto, sarà in grado di assorbirla.
Incorporare un liquore o del vino dolce, e farla un po’ riposare. Fare delle palline della grandezza di una noce e poggiarle nel mezzo del ferro ben arroventato.
Riportatelo sul fuoco e dopo 2-3 minuti saranno pronte.

Possono essere semplici, ottime in tutti i casi, sia farcite a piacere, con marmellata possibilmente di uva oppure con miele insieme a granella di mandorle o di noci, o con ricotta condita con zucchero e aroma di zafferano.